L’Aquila, il mio primo Natale da solo

Questa è la lettera che Maurizio Cora ha scritto per Natale, il primo senza sua moglie Patrizia e le due figlie, Alessandra, 22 anni, e Antonella, 27, morte lo scorso aprile nel terremoto dell’Aquila. Maurizio è l’unico a essersi salvato, è rimasto solo con i suoi ricordi e le poche cose recuperate tra le macerie della sua abitazione. Non ha più nulla, e con la casa ha perso anche lo studio di avvocato. Il testo è sul quotidiano online “Il sussidiario.net“.

Caro direttore,
La vigilia di Natale la trascorrevamo nel tinello, che era il cuore della nostra casa di via 20 settembre 79. L’unica parte non travolta dal crollo. La sera del 24 Antonella e Alessandra apparecchiavano la tavola e vi ponevano al centro rametti di pino e agrifoglio illuminati dalla fiammella di una candelina rossa che ardeva per tutta la cena. In un angolo del tinello mia moglie Patrizia allestiva un grazioso presepe che a mezzanotte risplendeva per la presenza di Gesù bambino. [more]

Oggi, in quella stanza dalle pareti squarciate dal sisma, regna vento e neve. Sulla tavola, se è rimasta, dovrebbe esserci ancora qualche piccola traccia dell’ultima nostra cena insieme: chissà, forse la tovaglia o forse qualche piatto e qualche posata. Sola testimonianza di una famiglia che si amava e si ama e che la notte di Natale si raccoglieva attorno al presepe come a una cattedra di vita da cui costantemente apprendeva che, unita nell’amore per il Signore, la famiglia è al centro della vita e della società e costituisce un naturale attrattore dell’amicizia sia degli angeli che dei pastori. Nell’umiltà, nella letizia, nel disagio.

Scrivo da un ospedale, dopo un delicato intervento chirurgico. So di non essere solo. Trascorrerò questo Natale, così come quelli che ancora il Signore mi concederà, con Patrizia, Antonella e Alessandra che sono ora nella vera vita. A mezzanotte mi sussurreranno, come sempre: buon Natale papà.

MAURIZIO CORA

Buon Natale Maurizio a te e a tutti gli amici abruzzesi.

Ignoranza o malafede?

Si fa un gran parlare del fatto che la Corte abbia smentito se stessa. Non è così, ma evidentemente l’ignoranza (o forse la malafede), la fanno da padrona. Cercherò di fare un esempio molto semplice ma la materia comprenderete che è complicata. Es.: Il sottoscritto entra in una stanza dove ci sono delle sedie colorate e se ne appropria di una di colore bianco (attenzione al colore). Poi va al mercato e cerca di venderla mettendoci sopra un cartello che dice: “vendesi sedia grigia” (attenzione al colore). A questo punto qualcuno mi obietta che quella sedia non posso venderla perchè le sedie bianche non sono di proprietà di nessuno e dice alla Corte che c’è un signore che vuole vendere una sedia bianca che non è sua. Vengo convocato la prima volta dalla Corte che prima di ogni altra considerazione, mi dice che se voglio vendere proprio quella sedia, [more]quella sedia bianca che io dico che è grigia, devo sistemare il cartello perchè c’è un errore nella sostanza! Se non sistemo il cartello come si fa a capire che stiamo parlando proprio di quella sedia!?! Bene! Allora io procedo a modificare il cartello e ritorno davanti alla Corte una seconda volta che, constatato il merito della richiesta, può procedere alla valutazione che la sedia che voglio vendere è effettivamente quella bianca e che quindi essendo proprio quella bianca non può essere di mia proprietà e quindi non la posso vendere! In termini molto semplicistici questo è quello che accaduto. Con il Lodo Schifani, avevano commesso una serie di inesattezze che compromettevano il giudizio di incostituzionalità e quindi per prima cosa la Corte ha chiesto di rendere chiara nella sostanza la richiesta. Questo non ha mai significato che, sistemata la sostanza, la forma fosse automaticamente salva!! Evidentemente a qualcuno faceva comodo pensarla diversamente. W l’Italia!

Come demolire la Blog-democrazia

Non tutti si sono accorti, magari neanche chi quelle poche righe ha scritto, che all’interno del maxi-emendamento sulle intercettazioni passato alla Camera con voto di fiducia l’altro giorno, è stata inserita una legge che al comma 28 dell’art. 1 introduce nel nostro ordinamento l’obbligo di rettifica di qualsiasi testo sgradito a qualcuno entro 48 ore, pena una sanzione pecuniaria fino a 25 milioni di vecchie lire per tutti i titolari di siti informatici.
Avete idea di cosa significa? Se la cosa dovesse rimanere in questi termini, chiunque potrà mandare una mail ad un blogger ed in generale a qualsiasi sito che abbia la seppur minima impronta informativa (penso ai newsgroup, bacheche elettroniche, forum), chiedendo la pubblicazione di una rettifica.
Per carità, nulla di antidemocratico in tutto questo, ma i termini perentori entro i quali gestire questo tipo di richieste, valutarne la fondatezza e procedere alla “riparazione”, sarebbero attività inconciliabile con la maggior parte dei siti che hanno dimensione “amatoriale” e [more]che costituiscono la blogosfera. Si rischierà, nel migliore dei casi, di costituire un elemento disincentivante che scoraggerebbe la maggior parte dei blogger e altri “titolari di siti informatici” a trattare argomenti “sensibili” e di forte impatto politico e sociale. Quelli appunto più suscettibili di “correzione”.
Questa mia stessa riflessione (ammesso che non fosse vera, constatatane la mendicità, valutatene le ragioni), al sopraggiungere di una richiesta di rettifica, dovrebbe essere da me esplicata entro 48 ore……. e se sono al mare, in montagna o al cesso a cagare? Chi leggerà la mail in cui mi si chiede la rettifica? Chi provvederà alla rettifica stessa? Ma soprattutto, visto che le prime due cose non potrò sicuramente farle, chi mi darà i soldi per pagare la multa che inevitabilmente mi verrà notificata!?!?!
Vabbè, ho capito! Quasi quasi scrivo di qualche altro argomento così me ne starò più tranquillo sulla tazza del cesso Smile